venerdì 6 aprile 2012

Sebastiano Lo Monaco racconta Pietro Grasso: Per non Morire di Mafia





Ho conosciuto Piero Grasso una sera di fine marzo dal palco 43 del Teatro Coccia.
Il mio Piero Grasso ha il viso e le movenze di Sebastiano Lo Monaco, che dal palco del nostro glorioso Teatro ci ha raccontato una storia.
Ci ho messo un paio di giorni a capire cosa volesse dirmi Lo Monaco nella trasposizione di Per non morire di Mafia scritto dallo stesso Grasso.
Procedendo con ordine, Piero Grasso, oggi Procuratore Nazionale  Antimafia, fu un giovanissimo e rampante Magistrato nella Siclia degli anni '70. La sua dedizione e la sua passione lo accomunarono a colleghi mossi dagli stessi valori. Uno di essi era Giovanni Falcone.
Questa fama lo portò ad essere scelto come giuduce a latere di Alfonso Giordano durante il maxiprocesso contro Cosa Nostra.
E' a questo punto della sua vita che Piero Grasso sceglie che tipo di uomo essere.

Tornato a casa, parlò con la moglie della proposta che gli era stata fatta. Siamo in una Sicilia in cui le guerre di Mafia imperversano, e lo Stato nega l'esistenza del fenomeno.
Grasso e la sua famiglia scelgono di accettare l'incarico, e lo fanno consapevoli delle conseguenze che questa scelta porterà con sé.
Come ha narrato Lo Monaco, in un monumentale monologo di oltre 120' che sono sembrati secondi,   Piero Grasso fu un intimo amico del Giudice ucciso a Capaci, e un uomo audace, coraggioso, che sentiva su di sé il peso del retaggio di Giovanni Falcone.
Piero Grasso doveva essere con Falcone sulla Croma bianca che lo portava in areoporto. Fu solo per un caso che Grasso partì il giorno prima.
Il racconto del maxiprocesso è toccante, a tratti commovente a tratti veramente divertente. Lo Monaco porta in scena aneddoti personalissimi (come quello del pm che, volendo verificare la conoscenza di un imputato con un colluso, chiese “conoscete Certo Alfonso?” e il giudice incalzò “Allora, conoscete o no un tale di nome Alfonso?”) e scene raccapriccianti.
Soprattutto porta il peso delle Istituzioni, che abbandonarono i protagonosti del maxiprocesso, braccia della Stato, al proprio destino. Il peso dei giudici collusi in gradi superiosi, detti “ammazza-sentenze”, che strapparono anni di carcere a chi aveva commesso barbarie per vizi di forma.
Il peso dei colleghi che puntarono il dito contro Falcone e Borsellino per poi essere in prima fila ai funerali. (A tal proposito, invito a leggere le parole di Ilda Boccassini sulla morte di Falcone)
In oltre un'ora costruisce degli eroi, e in pochi attimi li riporta umani, nudi, vulnerabili.
Ma è nella conclusione che Piero Grasso ci consegna il suo messaggio.
Ci consegna un obbligo morale: credere nell'utopia. Dimostrando che lui, Falcone, Borsellino e prima ancora La Torre, Caponnetto e tutti coloro che perirono per mano di cosa Nostra rincorsero un'utopia. Raggiungendola.
Lo Monaco non inscena la distruzione delle sentenze, la sconfitta dello Stato, l'abbandono dei Magistrati. Sarà la storia a farlo.
Perchè Grasso vuole lasciare un retaggio di speranza, uno scenario dove inseguire l'impresa folle sia possibile. Vuole una nuova generazione di Intoccabili. Come furono gli uomini che condivisero con lui l'aula bunker e che istruirono un processo che fu considerato una follia. Una follia che fece vacillare la Mafia, unica volta in oltre 100 anni.
Chiudo con le parole di un grande siciliano : “L'Italia è un Paese sgualcito. Ma quando una stoffa è sgualcita la si stira con un ferro bollente. Io credo in un generazione di Ferro Bollente.”
Sono sicuro che a Piero Grasso piaccia Andrea Camilleri.


Antonio Barbero




(foto: l'incontro di Piero Grasso in mattinata con i giovani, presso l'Università Amedeo Avogadro)



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